Il 17 luglio 2023 è entrato in vigore il nuovo accordo italo-svizzero sull’imposizione dei frontalieri. A partire da questa data, questa categoria di lavoratori e lavoratrici si divide in “nuovi” e “vecchi” frontalieri.
Come spiega Egli Arginelli a tvSvizzera.it l’aspetto più importante dall’accordo italo-svizzero è che i nuovi frontalieri, contrariamente ai vecchi, dovranno presentare una dichiarazione dei redditi in Italia e sempre in Italia pagare le tasse
Chi tra Italia e Svizzera ha guadagnato di più con il nuovo accordo? La risposta è complessa, ma a prima vista l’Italia sembra aver raggiunto tutti i suoi obiettivi, che erano sostanzialmente tre: aumentare le entrate fiscali (i nuovi frontalieri pagheranno le tasse in Italia), frenare l’afflusso di manodopera verso l’estero (lavorare in Svizzera è un po’ meno vantaggioso) e infine mantenere i ristorni per i comuni di frontiera (nel 2023 il Canton Ticino ha versato circa 110 milioni di franchi).
La lettura svizzera è contradditoria: dal punto di vita politico, soprattutto ticinese, il problema del dumping salariale è stato attenuato. Dal punto di vista del mondo imprenditoriale , invece, gli effetti del nuovo accordo sono decisamente negativi. Un aspetto su tutti, il reclutamento di manodopera specializzata diventa sempre più difficile:
Il nuovo accordo sull’imposizione dei frontalieri ha il pregio di definire in modo preciso chi sono i frontalieri. Italia e Svizzera hanno anche stilato una lista dei comuni riconosciuto come comuni di confine.
Il Ticino, che ospita circa 80’000 frontalieri, ha però pubblicato la propria lista nella quale non figurano i comuni della provincia di Sondrio (una prassi seguita anche negli anni passati). Questo significa che i frontalieri di questa provincia per il Ticino sono tutti considerati nuovi frontalieri.